LA STORIA

“Per favore, non chiamatele involtini!
Ci sono secoli di storia dietro quelle che alcuni osano chiamare “fettine di carne arrotolate”.
Partiamo dunque dal nome: si chiamano “braciole” per il modo in cui venivano cotte,
alla brace, appunto, che doveva colorirle e renderle croccanti senza far asciugare la carne.
Nell’antichità si mangiavano attorno ad un fuoco, in epoca barocca,
accompagnate da fiumi di vino rosso e da racconti leggendari.
Già a quei tempi, pensate, erano uno dei piatti preferiti dai siciliani e furono gli spagnoli
a farle conoscere agli abitanti della Trinacria nel XVI secolo; leggende raccontano che proprio
la Regina Giovanna di Spagna – detta “la folle” – ne fosse ghiottissima,
tanto da avere assunto a corte una decina di cuochi arruolati esclusivamente
per la preparazione delle “braciole della Regina”.
Fu proprio uno di questi cuochi – amante della Regina Giovanna – a portare la ricetta dell’involtino
sull’isola dovendo fuggire in fretta dalla furia di Carlo D’Asburgo
(nipote di Giovanna e legittimo erede al trono di Spagna) sconvolto dalla notizia della relazione segreta
della madre con un semplice cuoco.
Fu così che il popolo messinese ebbe la possibilità di assaggiarle e ne rimase estasiato,
decidendo di adottarle e poi di “personalizzarle” per renderle uniche,
attraverso un condimento speciale che ancora oggi è rimasto lo stesso di cinque secoli fa.
Oggi quelle “fettine di carne” arrotolate come un involtino sono diventate
un prodotto tipico della cucina dell’isola – dunque famose in tutta la Sicilia – ma solo quelle “messinesi”
hanno mantenuto nel tempo l’antica ricetta mantenendo immutato il loro sapore leggendario che,
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